Com’era verde la valle del lago d’Aral
Quando l'effetto serra non è responsabile di un disastro ambientale ...
E' molto triste la storia di uno dei laghi più grandi del pianeta:
il lago d’Aral.
Situato in Asia centrale, al confine tra l’
Uzbekistan
del nord ed il
Kazakistan sud-occidentale,
vantava fino agli anni ‘60 il primato di quarto lago del mondo per estensione,
dopo il mar Caspio, il lago Superiore ed il lago Vittoria.
Su gentile concessione di Giovanni Camici
© giovannicamici@email.it
Oggi la sua estensione è ridotta del 75% circa, a causa della diminuzione
della portata d’acqua dei
suoi due immissari, l'Amu Darya e il Syr Darya, dovuta all'assurdo progetto del
regime Sovietico che a partire dagli anni '70
iniziò a prelevare dai due fiumi quantitativi enormi di acqua per irrigare le
piantagioni di cotone create forzatamente
nelle zone circostanti.
La quantità di acqua rimanente nel corso dei due fiumi non è pertanto stata
più sufficiente a controbilanciare
l’evaporazione naturale del lago, che si trova in una delle zone dal clima più
arido del pianeta.
Su gentile concessione di Giovanni Camici
© giovannicamici@email.it
Così il bacino continua a ridursi ed oggi si distinguono un Piccolo Aral a nord
ed un Grande Aral a sud, ormai
completamente separati.
Sforzi internazionali sono rivolti a cercare di salvare ciò che resta del bacino
lacustre, in particolar
modo la parte del Piccolo Aral. Dopo alcuni lavori di bonifica il Piccolo Aral
nel 2005 è stato infatti completamente isolato
dalla parte sud con la costruzione della diga Kokaral e nuovamente ricongiunto
all'antico affluente Syr Darya. Nonostante un ridotto flusso d'acqua,
in alcuni villaggi è ripresa l'attività di pesca e la salinità è tornata a
livelli simili a quelli degli anni '60.
La situazione del Grande Aral è invece drammatica: nonostante gli sforzi di
Uzbekistan (sul cui territorio giace ormai per intero il lago) e di molte altre nazioni,
alcune fonti sostengono che scomparirà definitivamente entro il 2020.
A questo quadro già particolarmente drammatico, si aggiunge un aspetto ancora
più angosciante: l’isola di Vozroždenie,
una volta al centro del lago e
distante parecchi km dalla
terra ferma, è sede di un ex-laboratorio della disciolta URSS per la costruzione
di armi chimiche e batteriologiche di
distruzione di massa (clicca
qui
per vedere la base su Google Maps). Sebbene Uzbekistan e Kazakistan,
supportati da organizzazioni statunitensi, abbiano provveduto nel 2002 ad
una bonifica degli ex-laboratori, non si esclude che tracce di antrace
ed altri agenti patogeni siano ancora presenti sull'isola.
A causa del prosciugamento del lago
l'isola di Vozroždenie è destinata a ricongiungersi alla terraferma. La questione è comunque abbastanza controversa
e necessita di ulteriori approfondimenti:
infatti alcune fonti, tra cui le viste satellitari rese disponibili da Nasa World Wind, testimoniano che l'isola
si è già ricongiunta alla terraferma, formando una penisola; altre, tra cui le immagini satellitari di
Google Earth & Google Maps -
vedi links in fondo pagina - testimoniano invece che l'isola è ancora separata da
poche centinaia di metri
dalla terraferma. Tali discrepanze sono probabilmente da attribuire ai bassissimi fondali del lago, che non consentono
ai satelliti di discriminare chiaramente le terre emerse dalle terre ancora coperte d'acqua; inoltre il livello delle acque del lago presenta un'elevata
escursione stagionale. In ogni caso non è affatto
remoto il rischio che piccoli animali, roditori, serpenti
possano essere contaminati dagli agenti patogeni ancora presenti e quindi propagare possibili agenti tossici al di
fuori dell'isola.
Su gentile concessione di Giovanni Camici
© giovannicamici@email.it
La zona una volta occupata dal bacino lacustre è oggi, a tutti gli effetti,
una nuova zona desertica del
pianeta chiamata deserto di Aralkum. La città uzbeka di Muynak, un tempo attivo centro
costiero per la lavorazione del pesce,
attualmente si trova a circa 50 km dalle rive del lago; la foto qui a fianco testimonia
quella che un tempo era la riva del lago d'Aral a Muynak.
Il clima della zona si è modificato a causa della sparizione delle acque che
mitigavano l’aria torrida e si è
innescato un processo irreversibile ed autoconsistente per cui l’evaporazione
aumenta il prosciugamento del
bacino ed il prosciugamento del bacino favorisce l’aumento dell’escursione
termica e dell’evaporazione.
Su gentile concessione di Giovanni Camici
© giovannicamici@email.it
La salinità delle acque è tale che il terreno dell’attuale deserto è
costituito da sabbie salate soggette a
frequenti e violente tempeste di vento che trascinano le polveri per
centinaia di chilometri, fino alle pendici dei massicci montuosi
del Pamir, dell'Hindukush e addirittura dell'Himalaya.
Inoltre, l'uso smodato nei decenni passati di diserbanti e pesticidi per
far posto alle piantagioni ha reso queste sabbie salate estremamente inquinate e
tossiche per le popolazioni.
Ma prima di tutto ciò, prima del disastro perpetrato ai danni di questa
particolarissima zona dal pianeta,
il lago vantava acque cristalline, fondali non molto profondi popolati
da numerose varietà ittiche, una
fiorente attività umana ed economica lungo i suoi litorali, legata
all’industria della pesca e
dell’esportazione del pescato.
Malgrado il
naturale clima continentale che portava estati torride ed inverni molto
rigidi con elevate escursioni termiche, la valle in cui giaceva il lago era a
suo modo mite e verdeggiante.
Il lago d'Aral nel 1973